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Il 2023 è stato un anno di svolta per il supporto alle tecnologie e allo sviluppo dell’intera filiera dell’idrogeno in Europa, grazie a una serie di accordi volti a favorire la diffusione del vettore nel sistema.

L’idrogeno sostenibile rappresenta una componente cruciale nella transizione energetica verso un futuro a basse emissioni di carbonio. Tale vettore offre infatti potenzialità straordinarie per decarbonizzare industria e trasporti poiché, a differenza dei combustibili fossili tradizionali, può essere prodotto da fonti rinnovabili senza emissioni di gas serra.

Negli ultimi anni, i settori industriali che attualmente consumano le maggiori quantità di idrogeno (raffinazione e industria chimica) stanno convertendo i loro criteri di approvvigionamento.

La richiesta di idrogeno da combustibili fossili risulta in calo a favore di una crescente domanda di idrogeno a basse emissioni, nonostante l’attuale scarsa convenienza economica di queste soluzioni, preferendo optare sempre più per un approvvigionamento di idrogeno low carbon al fine di ridurre la propria carbon footprint.

Oltre ai consumatori attuali, anche nuovi settori inizieranno a utilizzare l’idrogeno pulito nei loro processi produttivi come sostituto di combustibili fossili, soprattutto metano, nonostante la necessità di ulteriori sviluppi tecnologici.

Gli accordi che favoriscono la diffussione dell’idrogeno

Le normative, che intervengono tanto sul lato della domanda quanto su quello dell’offerta, si rivolgono al settore industriale, con i vincoli sull’utilizzo di idrogeno rinnovabile imposti dalla RED III, e al settore dei trasporti, interessato dalla RED III e da ulteriori provvedimenti specifici come l’AFIR, la FuelEU Maritime e la ReFuelEUAviation.

Fonte: Osservatorio Hydrogen Innovation – Energy & Strategy – Politecnico di Milano

Sono state inoltre riviste le norme che regolano l’infrastruttura e il mercato del gas, in modo da renderle compatibili con i gas rinnovabili, tra cui il principale protagonista è proprio l’idrogeno.

Il 2023 è stato anche l’anno in cui ha preso ufficialmente il via il nuovo schema incentivante della European Hydrogen Bank, attraverso cui la Commissione europea concede un supporto finanziario ai progetti di produzione da elettrolisi più competitivi.

I risultati della prima asta pilota hanno visto assegnati 720 milioni di euro, e seguiranno poi altre aste con contingenti maggiori. Analizzando la «geografia» della prima asta, emerge che la competitività dei progetti è tanto più alta quanto più abbondanti sono le risorse FER a disposizione.

Per molti paesi risulta quindi difficile immaginare, almeno nel breve termine, una produzione di idrogeno rinnovabile che riesca a insidiare il massiccio utilizzo di fonti fossili tutt’ora esistente.

In Europa, l’Italia non ha ancora una strategia nazionale per l’idrogeno

All’interno del continente europeo non tutti i paesi stanno però viaggiando verso la stessa direzione, con strategie e obiettivi differenti di produzione e consumo per i prossimi anni.

La Germania è il paese più ambizioso in termini di consumo; gli obiettivi sono stati rivisti al rialzo nel corso del 2023 e gran parte del fabbisogno sarà coperto da idrogeno importato dall’estero.

Una strategia diametralmente opposta è quella francese che, grazie alla disponibilità di energia nucleare, punta invece a produrre localmente più dell’80%del suo fabbisogno.

Fonte: Osservatorio Hydrogen Innovation – Energy & Strategy – Politecnico di Milano

La Spagna vuole invece essere il leader europeo per quanto riguarda la produzione, con l’obiettivo di installare almeno 11 GW entro fine decennio, sfruttando il proprio potenziale di disponibilità eolica e fotovoltaica. In particolare, è l’unico fra questi paesi che intenda produrre un quantitativo di idrogeno superiore al fabbisogno interno, si proporrà quindi come esportatore della «molecola verde».

Per ultima, l’Italia ancora manca di una strategia nazionale per l’idrogeno. Negli ultimi anni sono state messe a punto misure di sostegno (vedi investimenti PNRR), e altre sono in corso di implementazione (vedi «Decreto idrogeno»), ma resta ancora sconosciuta la direzione di medio-lungo periodo che si intende percorrere, un elemento di primaria importanza affinché gli operatori riescano ad elaborare strategie di azione e per dare il via allo sviluppo di una filiera nazionale per l’idrogeno.

Ma qual è il fabbisogno potenziale massimo di idrogeno sostenibile in Italia?

Per avere un’idea più chiara circa le reali possibilità di raggiungimento degli obiettivi normativi e per meglio posizionare gli sforzi già messi in atto attraverso i progetti annunciati, è importante individuare quale potrebbe essere il fabbisogno potenziale massimo di idrogeno sostenibile in Italia e di che volumi di produzione quindi si parlerebbe.

Lo studio stima tale quantità individuando i settori principali di possibile adozione e convertendo l’attuale fabbisogno di altri vettori (ad esempio metano) in fabbisogno di idrogeno.

Secondo la stima realizzata dall’E&S della School of Management del Politecnico di Milano, dunque, il volume di mercato potenziale, considerando una penetrazione totale del vettore idrogeno, sarebbe di 15,3 Mton di idrogeno per i settori civile, industriale e dei trasporti, dei quali circa 7,5 milioni di tonnellate di idrogeno sostenibile per i settori industriali e per i trasporti pesanti, difficilmente elettrificabili, cui se ne aggiungerebbero altri 7,7 se si volesse anche soddisfare il fabbisogno civile di riscaldamento.

I 7,5 milioni di tonnellate di idrogeno sostenibile per i settori industriali e per i trasporti pesanti sarebbero, nello specifico, così suddivisi: 5,4 Mton sono destinati all’industria, di cui 4,1 a quella hard-to-abate (che permetterebbero da soli di risparmiare fino a 27,37 Mt di emissione di CO2 l’anno a fronte dei 287,1 Mt totali previsti dal nostro Paese al 2030), i restanti 2,1 ai trasporti pesanti.

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Obiettivi del PNIEC “molto cauti”

Gli obiettivi PNIEC al 2030 prevedono invece 0,115 Mton per utilizzi industriali, rappresentando quindi una penetrazione di appena il 2,1% del potenziale massimo (2,8% per il solo perimetroHtA).

Per i trasporti la penetrazione attesa è poco diversa: gli 0,136Mton previsti dal PNIEC corrispondono al 6,4% del potenziale massimo di adozione. Per il settore civile non sono presenti target specifici nel PNIEC, vista la facile elettrificazione e le difficoltà tecniche di conversione.

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