
- 23/04/2025
- Simone Martino
L’energia rinnovabile è la strada migliore per la crescita economica, la sicurezza energetica e la competitività a lungo termine
Il sondaggio, condotto da Savanta su incarico di E3G, Beyond Fossil Fuels e We Mean Business Coalition, in economie chiave e mercati emergenti, evidenzia una crescente svolta aziendale verso le energie rinnovabili.
Il rapporto Powering up: Business perspectives on shifting to renewable electricity lancia anche un avvertimento: la maggior parte delle imprese afferma che si trasferirà altrove se i governi non agiranno.
Secondo Nick Mabey, CEO di E3G “In contrasto con molti discorsi politici, questo sondaggio globale mostra che quasi l’80% dei dirigenti aziendali sostiene fortemente una rapida transizione ai sistemi elettrici rinnovabili nel prossimo decennio. Le imprese chiedono anche politiche governative più forti per facilitare il cambiamento, e l’accesso all’elettricità rinnovabile è una priorità assoluta quando decidono dove investire. Questo forte sostegno dovrebbe dare fiducia ai governi nel fissare NDC ambiziosi e allineati agli 1,5 gradi in vista di COP30.”
15 Paesi coinvolti
I dati indicano un punto di svolta globale: il 97% dei leader di aziende di medie e grandi dimensioni sostiene l’abbandono del carbone e di altri combustibili fossili, con quasi il 78% favorevole a una transizione verso un sistema elettrico basato sulle rinnovabili entro il 2035 o prima.
Mentre i leader mondiali finalizzano la prossima tornata di Piani Nazionali per il Clima (NDC), il messaggio che arriva dal mondo imprenditoriale è inequivocabile: l’energia rinnovabile è la strada migliore per la crescita economica, la sicurezza energetica e la competitività a lungo termine.
Per Maria Mendiluce, CEO di We Mean Business Coalition “L’abbandono dei combustibili fossili non è più in discussione – è una realtà economica guidata dalle aziende, che riconoscono nell’energia pulita le basi per un vantaggio competitivo duraturo, la creazione di posti di lavoro e la stabilità dei prezzi energetici. I leader aziendali stanno già investendo nelle rinnovabili e vogliono fare di più. Serve che i governi accelerino i piani e rimuovano i ritardi nei permessi.”
I dirigenti intervistati provengono da Australia, Brasile, Canada, Germania, India, Indonesia, Italia, Giappone, Messico, Polonia, Sudafrica, Corea del Sud, Turchia, Regno Unito e Stati Uniti.
Cosa emerge dal sondaggio
Il 52% dei dirigenti afferma che trasferirà le operazioni e il 49% le catene di fornitura in mercati con un migliore accesso a sistemi elettrici basati su rinnovabili entro cinque anni.
Il 75% associa le rinnovabili a una maggiore sicurezza energetica. Il 78% dei dirigenti tedeschi ritiene che una transizione accelerata alle rinnovabili ridurrà l’esposizione della Germania alle importazioni energetiche volatili.
Il 77% collega le rinnovabili alla crescita economica e il 75% le considera fondamentali per la creazione di posti di lavoro.
Quasi 9 dirigenti su 10 (87%) che vogliono che i loro governi investano nelle rinnovabili chiedono lo stop all’uso di elettricità da carbone entro il prossimo decennio. Il 43% delle aziende prevede di dismettere il carbone dalle proprie operazioni entro il 2030, con un ulteriore 27% che lo farà entro il 2035.
Due terzi (67%) dei dirigenti vogliono che il carbone sia sostituito direttamente da rinnovabili, reti elettriche e sistemi di accumulo, senza passare per nuove infrastrutture a gas. Anche in Paesi fortemente dipendenti dal gas come Messico, Italia e Giappone, le aziende preferiscono una transizione diretta verso le rinnovabili. Negli Stati Uniti, che possiedono le quarte riserve provate al mondo di gas, quasi due terzi (65%) preferiscono una transizione diretta.
Nonostante il forte sostegno del settore privato, molti governi non hanno piani chiari per la transizione. In Giappone, i dirigenti chiedono chiarezza sul ruolo dell’elettricità rinnovabile nei piani climatici nazionali, segnalando incertezza sugli investimenti. In Canada, dove la chiusura delle miniere potrebbe danneggiare le comunità, si chiede la riqualificazione della forza lavoro e incentivi mirati.
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La situazione in Italia
Nell’ultimo decennio l’elettricità prodotta dalla combustione di gas di origine fossile ha rappresentato una percentuale elevata e in gran parte rimasta invariata dell’approvvigionamento elettrico, ma ora la stragrande maggioranza (98%) dei dirigenti d’azienda italiani preferirebbe accelerare la transizione dai combustibili fossili alle energie rinnovabili.
Quattro quinti (80%) degli intervistati auspicano il passaggio a una fornitura elettrica da fonti rinnovabili entro il 2035 o prima. Negli ultimi dieci anni e mezzo, le energie rinnovabili hanno gradualmente sostituito il carbone nella produzione elettrica italiana; il carbone contribuisce attualmente a circa il 2% della produzione totale di energia elettrica in Italia e si prevede che verrà eliminato completamente in tutte le regioni (a eccezione della Sardegna) entro la fine del 2025. Questa riduzione è in linea con l’opinione della maggioranza dei leader aziendali a livello internazionale, che desiderano che il governo dia priorità alle energie rinnovabili nei nuovi investimenti.
Eolico e solare? Una crescita lenta
L’eolico e il solare contribuiscono per circa un quinto (21%) alla fornitura elettrica italiana, una percentuale rimasta pressoché invariata per un decennio e che ha fatto registrare una crescita molto lenta del settore dal 2015.
Di conseguenza, l’Italia non sembra essere in grado di realizzare il suo obiettivo dichiarato di produrre il 69% dell’elettricità da fonti rinnovabili entro il 2030.
L’ostacolo principale è la dipendenza del Paese dall’elettricità prodotta dal gas fossile, che rappresenta il 45% della produzione totale di elettricità, circa un terzo in più rispetto al 2014 (33,7%).
L’aiuto della Commissione europea
Per favorire l’espansione accelerata della produzione di energia da fonti rinnovabili in Italia, la Commissione Europea ha recentemente approvato un pacchetto di aiuti di Stato del valore di 9,7 miliardi di euro (10,5 miliardi di dollari), che dovrebbe generare 17,65 GW di nuova capacità elettrica da fonti rinnovabili.
L’accordo prevede che il Paese costruisca questa nuova capacità entro 36 mesi dalla concessione degli aiuti, il che è in linea con l’auspicio di quasi la metà (46%) dei leader aziendali internazionali di passare a un sistema di approvvigionamento energetico basato sulle energie rinnovabili entro cinque anni.
Politica energetica
Oltre i tre quarti dei dirigenti d’azienda italiani (76%) hanno espresso una forte preferenza perché il governo indirizzi i nuovi investimenti verso l’utilizzo di fonti rinnovabili, rispetto al gas fossile, per la generazione di elettricità.
Analogamente, una maggioranza ancora più ampia (86%) auspica che, una volta raggiunto l’obiettivo “zero carbone”, le fonti rinnovabili vadano a coprire anche la porzione di energia elettrica nazionale attualmente prodotta dal carbone (2%).
La maggioranza dei dirigenti (54%) ritiene che questa soluzione sia positiva per la sicurezza energetica, oltre che per la riduzione dei rischi climatici (64%); infatti, il 95% del gas italiano è importato, il che espone il Paese agli shock di approvvigionamento e alla volatilità dei prezzi.
Schierandosi con le aziende per una politica energetica che punti sulle fonti rinnovabili, il governo si allineerebbe inoltre all’opinione pubblica nazionale. Secondo un sondaggio condotto nel 2022 dalla Banca europea per gli investimenti, infatti, tre quarti (75%) degli italiani ritengono che le fonti rinnovabili miglioreranno la loro qualità della vita, una percentuale della popolazione ben al di sopra della media dell’Unione Europea (56%).
Energia da fonti rinnovabili e crescita economica
In linea con le ambizioni del governo di stimolare la produttività e la competitività nazionale, una percentuale consistente (52%) di leader aziendali associa l’elettricità da fonti rinnovabili alla crescita economica.
Il sostegno proattivo del governo al settore darebbe un impulso alla crescita in vari modi: per esempio, renderebbe l’elettricità più affidabile e finanziariamente più accessibile, produrrebbe nuovi posti di lavoro di alta qualità e stimolerebbe innovative tecnologie relative alle fonti rinnovabili.
Crearsi una reputazione come promotrice dell’energia rinnovabile darebbe inoltre all’Italia la possibilità di beneficiare dei 100 miliardi di euro (109 miliardi di dollari) di aiuti di Stato stanziati nell’ambito del Clean Industrial Deal dell’UE.
Al tempo stesso, tale mossa potrebbe convincere le imprese italiane a investire in patria piuttosto che all’estero. Difatti, i leader delle aziende italiane mostrano una propensione superiore alla media verso la localizzazione delle attività (88% rispetto a una media globale del 77%) e delle catene di approvvigionamento (92% rispetto al 78%) in Paesi con accesso all’elettricità prodotta da fonti rinnovabili.
La richiesta da parte delle aziende
Oltre due quinti (44%) dei dirigenti aziendali hanno indicato che, per dare un chiaro segnale dell’impegno verso una rapida eliminazione dei combustibili fossili, il governo dovrebbe reindirizzare i sussidi ai combustibili fossili verso alternative rinnovabili.
Per accedere ai fondi NextGenerationEU, l’Italia deve tagliare 2 miliardi di euro (2,18 miliardi di dollari) di sussidi dannosi per l’ambiente, una cifra equivalente a meno del 10% del totale di tali sussidi.