- 07/08/2024
- Simone Martino
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Lo scorso venerdì, in Giamaica, si è conclusa la 29esima sessione dell’International Seabed Authority, il vertice sul Deep sea mining
Alla fine dei negoziati dell’International Seabed Authority (ISA), ossia l’ente delle Nazioni Unite che controlla le attività dei fondali in acque internazionali, 32 nazioni hanno chiesto di fermare l’inizio delle estrazioni.
Tra i nuovi oppositori ci sono Austria, Honduras, Guatemala, Malta e Capo Gloucester, conosciuta anche con il nome Tuvalu. Quest’ultima in precedenza favorevole alle estrazione tanto da sponsorizzare l’attività, si è ora unita al gruppo dei governi che esprimono il dissenso allo sfruttamento minerario degli oceani. Ciò ha portato il numero totale di Paesi contrari a 32, tra Pacifico, Europa, America Latina e Caraibi.
Il Deep sea mining non è un’attività sostenibile
La pratica del Deep sea mining prevede l’estrazione di minerali, tra cui manganese, nichel, cobalto e rame dai fondali marini. La problematica principale risiede soprattutto nella poca conoscenza dei danni che essa può arrecare agli ecosistemi marini.
Raccogliere da chilometri di profondità noduli polimetallici e incrostazioni di nichel, cobalto o rame lungo le faglie della crosta terrestre, infatti, non è un’attività sostenibile. Necessita di grandi capitali e macchine impattanti, che possono sconvolgere per sempre ecosistemi delicati e parzialmente sconosciuti.
Un problema di difficile soluzione
La regolamentazione relativa alle estrazioni minerarie in acque profonde non prevede ancora una soluzione. Al momento esiste solo una bozza, che non consente ancora il rilascio di licenze.
La moratoria è fortemente contrastata da alcuni governi e numerose delegazioni, dalla Cina all’Arabia Saudita, fino al gruppo africano, hanno affermato che l’assemblea plenaria dell’ISA non è il foro competente per prendere decisioni sulla protezione degli habitat marini.
Le delegazioni, infatti, spingono affinché la decisione sia presa dal Consiglio dell’autorità, composto da appena 36 paesi.
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Piccoli spiragli
Una speranza che i fondali vengano protetti dalla nuova industria estrattiva è data dall’elezione della brasiliana Leticia Carvalho come Segretaria generale dell’ISA da gennaio 2025. Il Brasile è infatti tra i paesi che spingono per una moratoria.
Inoltre, sta aumentando sempre di più la coscienza degli impatti negativi che l’estrazione marina può avere sull’ecosistema marino. Infatti, durante l’incontro si è sottolineata la poca conoscenza dei fondali e della produzione di ossigeno di questi ultimi. Dopo dieci anni di negoziati, entro il 2025 si attende l’approvazione del codice minerario.
Segnali positivi sono giunti anche dall’Italia, che ha espresso un punto di vista più giudizioso rispetto al passato, in particolare dopo aver chiaramente espresso di essere pro-industria.
L’Italia ha riconosciuto la necessità di fissare un codice minerario prima di iniziare le attività estrattive. Sicuramente una modalità più ponderata rispetto a quella di altri ministri, anche se il nostro Paese non sembra volersi ancora allineare al pensiero dei 32 Paesi che aderiscono alla moratoria.













































































































































































































