- 04/02/2025
- Redazione
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L’aria resta irrespirabile e i livelli di inquinamento attuali sono ancora troppo distanti dai parametri che entreranno in vigore nel 2030
È quanto emerge dal nuovo report di Legambiente “Mal’Aria di città 2025″, che l’associazione ambientalista ha lanciato oggi, a Milano.
Città italiane drammaticamente impreparate
Il report Mal’Aria ha analizzato nei capoluoghi di provincia i dati relativi alle polveri sottili (PM10) e al biossido di azoto (NO2).
Nel 2024, 25 città, su 98 di cui si disponeva del dato, hanno superato i limiti di legge per il PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo), con 50 stazioni di rilevamento – dislocate in diverse zone dello stesso centro urbano.
In cima Frosinone (Scalo) e Milano (Marche), maglie nere con 68 giorni di sforamenti, seguite da Verona (Borgo Milano) con 66 e Vicenza (San Felice) 64. Seguono Padova e Venezia con 61.
Non si sono salvate neanche le città di Cremona, Napoli, Rovigo, Brescia, Torino, Monza, Modena, Mantova, Lodi, Pavia, Catania, Bergamo, Piacenza, Rimini, Terni, Ferrara, Asti e Ravenna.
Una situazione di picco, quella dello sforamento del limite giornaliero di PM10, che in molti casi ha riguardato molte centraline della stessa città. Un quadro che secondo Legambiente rivela come l’inquinamento atmosferico sia un problema diffuso e strutturale, ben più esteso di quanto amministratori locali e cittadini vogliano ammettere.
La situazione sarà peggiore con i nuovi limiti previsti dal 2030
Se per le medie annuali di PM10 e NO2 nessuna città supera i limiti previsti dalla normativa vigente, lo scenario cambierà con l’entrata in vigore della nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, a partire dal 1° gennaio 2030.
Per il PM10, sarebbero infatti solo 28 su 98 le città a non superare la soglia di 20 µg/mc, che è il nuovo limite previsto. Al 2030, 70 città sarebbero dunque fuorilegge.
Tra le città più indietro, che devono ridurre le concentrazioni attuali tra il 28% e il 39%, si segnalano Verona, Cremona, Padova e Catania, Milano, Vicenza, Rovigo e Palermo.
Il quadro non migliora con il biossido di azoto (NO2). Oggi, il 45% dei capoluoghi (44 città su 98) non rispetta i nuovi valori di 20 µg/m³. Le situazioni più critiche si registrano a Napoli, Palermo, Milano e Como, dove è necessaria una riduzione compresa tra il 40% e il 50%.
“Con soli cinque anni davanti a noi per adeguarci ai nuovi limiti europei al 2030, dobbiamo accelerare drasticamente il passo – ha dichiarato Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – È una corsa contro il tempo che deve partire dalle città ma richiede il coinvolgimento di regioni e governo. Servono azioni strutturali non più rimandabili. Servono azioni strutturali non più rimandabili: dalla mobilità, con un trasporto pubblico locale efficiente e che punti drasticamente sull’elettrico e più spazio per pedoni e ciclisti, alla riqualificazione energetica degli edifici, fino alla riduzione delle emissioni del settore agricolo e zootecnico, particolarmente critico nel bacino padano. Le misure da adottare sono chiare e le tecnologie pronte: quello che manca è il coraggio di fare scelte incisive per la salute dei cittadini e la vivibilità delle nostre città”.
Le proposte di Legambiente per uscire dall’emergenza smog
Secondo quanto evidenziato da Legambiente per uscire dall’emergenza smog servono politiche strutturali che incidano in tutti i settori corresponsabili dell’inquinamento. Le priorità sono:
1) Ripensare la mobilità urbana, mettendo le persone al centro, da un lato potenziando con forza il trasporto pubblico che deve essere convertito con soli mezzi elettrici entro il 2030, dall’altro avviando uno stop progressivo ma anche incisivo ai veicoli più inquinanti nei centri urbani, creando una rete diffusa di aree pedonali e percorsi ciclopedonali, perseguendo il modello della “città dei 15 minuti”, creando Low Emission Zones e usando politiche come Città30, già attivata con successo a Bologna, Olbia e Treviso;
2) Accelerare la riconversione degli impianti di riscaldamento, mappando quelli esistenti e programmando l’abbandono progressivo delle caldaie a gasolio, carbone e metano in favore di sistemi come le pompe di calore a gas refrigeranti naturali;
3) Intervenire sul settore agrozootecnico, specialmente nel bacino padano dove le condizioni geografiche e meteorologiche favoriscono l’accumulo di inquinanti, riducendo gli allevamenti intensivi e le conseguenti emissioni di metano e ammoniaca attraverso l’implementazione di buone pratiche come la copertura delle vasche e il controllo degli spandimenti;
4) Integrare le politiche su clima, energia e qualità dell’aria, considerando anche il ruolo del metano nella formazione dell’ozono troposferico.



















































































































































































































