- 25/07/2024
- Simone Martino
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Le sfide della transizione ecologica ed energetica a cui le imprese italiane sono chiamate non possono prescindere dallo sviluppo dell’innovazione, in particolare, digitale
E’ quanto emerge da un’indagine originale, condotta da Nomisma, sulle imprese agricole e alimentari italiane (con un focus specifico su quelle tabacchicole), presentata a Verona, in occasione del convegno organizzato in collaborazione con Philip Morris Italia “Le competenze per la transizione ecologica ed energetica nelle imprese agroalimentari italiane: stato dell’arte e fabbisogni”.
Cosa è emerso dall’indagine
In un contesto in cui agricoltura e industria alimentare valgono 77 miliardi di euro di valore aggiunto e un export che nel 2023 ha superato i 64 miliardi di euro (comprensivo dei prodotti a base di tabacco), l’approfondimento ha riguardato le sfide poste dalla transizione ecologica ed energetica che richiedono un continuo aggiornamento delle competenze e delle professionalità in grado di gestire il percorso di transizione.
Ebbene, l’indagine condotta su un campione ragionato di imprese agricole ed alimentari, ha rilevato sia gli investimenti realizzati dalle imprese e funzionali alla transizione eco-energetica, sia lo stato dell’arte sulle competenze necessarie alla transizione.
Rispetto agli obiettivi di produzione di energie rinnovabili e digitalizzazione dell’economia e della società l’Italia evidenzia valori sotto la media rispetto agli altri paesi UE. In particolare, se si guarda al Digital Economy and Society Index (DESI), l’Italia sconta un ritardo soprattutto nella componente del “capitale umano”, in altre parole nelle competenze digitali delle persone.
La mancanza di competenze
Nel corso degli ultimi anni il 71% delle imprese agroalimentari intervistate ha già effettuato investimenti per la transizione eco-energetica, ma 1 azienda su 4 lamenta la mancanza di competenze specifiche e la necessità di formazione come i principali vincoli ad una maggior diffusione delle innovazioni.
Per questo, proprio il gap nelle competenze è uno dei principali punti di miglioramento propedeutici alla diffusione in Italia delle innovazioni tecnologiche nelle imprese agricole ed alimentari.
Stringendo la maglia alle aziende tabacchicole, l’indagine Nomisma rileva come il 29% di esse ritiene necessario lo sviluppo di competenze specifiche sull’utilizzo degli strumenti che favoriscano le innovazioni tecnologiche.
Ecco perché la vera sfida è quella di riuscire a trovare risorse umane competenti. Solo 1 azienda su 10 non ritiene importante disporre di competenze nel percorso verso la transizione eco-energetica, una consapevolezza che tra le aziende tabacchicole trova conferma nel 100% delle imprese intervistate.
Secondo Paolo De Castro, Presidente del Comitato Scientifico di Nomisma se per vincere la doppia sfida della transizione ecologica ed energetica il digitale può rappresentare uno strumento importante, competenze e formazione si configurano come due leve strategiche altrettanto necessarie alle imprese agricole ed alimentari per governare piuttosto che subire questa transizione, restando così al passo degli enormi cambiamenti che stanno interessando la filiera agroalimentare.
Leggi anche: Le imprese agricole italiane protagoniste della transizione ecologica
Quali sono le competenze più richieste?
Per il 48% delle aziende intervistate, le competenze necessarie alla transizione eco-energetica più richieste dalle imprese risultano quelle legate alla gestione sostenibile delle risorse e all’ottimizzazione dei processi produttivi.
Un altro 33% segnala la capacità di utilizzare software per la gestione sostenibile dell’azienda, mentre il 28% individua le competenze biologiche e chimiche legate alla produzione sostenibile.
L’importanza della formazione
Il gap da colmare emerge anche nella consapevolezza delle aziende sulla preparazione professionale dei propri addetti. Dall’indagine emerge, infatti, che il 44% del campione intervistato ritiene molto importante la formazione, percentuale che sale al 59% nel caso delle aziende tabacchicole.
Già oggi 1 impresa su 2 investe nella formazione dei propri addetti (oltre a quella obbligatoria prevista per legge), mentre un ulteriore 30% ha già pianificato attività in tal senso nei prossimi 2/3 anni, mentre per le aziende tabacchicole la percentuale sale al 44%, a testimonianza dell’efficacia dell’accordo di filiera nel comparto che abilita le aziende ad effettuare una programmazione strategica a medio termine anche sul tema delle competenze.
In conclusione, al di là dell’attuale dotazione di risorse umane in grado di sostenere la sfida della transizione eco-energetica (che soddisfa pienamente solo il 30% delle aziende intervistate), resta nel tessuto imprenditoriale agroalimentare italiano un gap di competenze da colmare.
Un divario che, nel caso del comparto tabacchicolo, trova un importante contributo alla sua riduzione nell’accordo di filiera in cui la formazione è parte integrante delle attività e dei servizi collegati a tale strumento.
Secondo Alberto Mantovanelli, Presidente dell’Organizzazione Produttori Italiani di Tabacco (OPIT) le sfide che nei prossimi anni attendono la filiera tabacchicola italiana, che resta la prima in Europa con oltre 1/3 dei volumi complessivi, oltre a riguardare la capacità di rimanere competitiva su tutte le dimensioni della sostenibilità, riguarderanno anche le nuove regolamentazioni che verranno definite a livello europeo e che potranno influenzare gli agricoltori italiani e potenzialmente avere un impatto direttamente o indirettamente sui valori economici, ambientali e sociali collegati alla filiera integrata.













































































































































































































