- 09/04/2024
- Simone Martino
- 0
La gestione sostenibile dell’acqua, aggravata dal cambiamento del clima, è una delle più grandi sfide del XXI secolo
La gestione sostenibile dell’acqua è una delle sfide più urgenti che ci troviamo ad affrontare, esacerbata com’è dal modificarsi della disponibilità della risorsa idrica e dall’alterazione del clima.
È necessario, quindi, interiorizzare obiettivi e indicatori di sostenibilità in ogni ambito del servizio idrico integrato: dall’emungimento in natura, al consumo da parte dei cittadini, dell’industria e dell’agricoltura, alla tutela e al ripristino delle risorse idriche, alla gestione delle acque reflue prima della loro reimmissione nell’ambiente.
Proprio con riferimento a quest’ultima fase, con la scoperta di nuovi inquinanti in grado di danneggiare la natura e la salute, il legislatore europeo si è ingaggiato al fine di codificare un nuovo paradigma di servizio, che dovrà quindi necessariamente essere recepito negli ordinamenti giuridici dei singoli Paesi: il risultato sono direttive più stringenti in grado di limitare, se non di neutralizzare del tutto, gli effetti dannosi dei nuovi inquinanti sull’ambiente e sulla salute umana.
La Direttiva acque potabili
Approvata nel 2020, ma entrata in vigore nel gennaio 2021, la Direttiva UE 2020/2184 “Direttiva acque potabili” definisce nuovi parametri riguardanti la qualità delle acque destinate al consumo umano. Sono stati al contempo fissati nuovi limiti e più sfidanti riguardo la concentrazione di taluni inquinanti noti, come il piombo, il cloro e i cloriti, ma anche introdotte nuove sostanze da monitorare, tra cui i PFAS (composti perfluorolchilici) interferenti endocrini, prodotti farmaceutici e le microplastiche.
Ulteriore elemento caratterizzante la Direttiva è stato il cambiamento all’approccio: non più orientato al passato e alla mitigazione di fenomeni già occorsi, ma attento alla valutazione e alla previsione della probabilità di un evento e del suo impatto sulla filiera dell’acqua: il cosiddetto risk-based approach.
Per quanto riguarda le proposte di aggiornamento della “Direttiva acque reflue”, originariamente contenute nel COM/2022/541, anch’esse vanno nella direzione di una maggiore protezione della salute e dell’ambiente.
Le proposte di aggiornamento
Le proposte di aggiornamento della Urban Wastewater Directive o UWWD mirano essenzialmente a rispondere a tre sfide. Ridurre ulteriormente l’inquinamento residuo da fonti urbane, riconoscendo il ruolo ricoperto anche dai centri urbani di dimensione minore nella produzione di reflui. Allineare la Direttiva al Green Deal europeo, individuando nella depurazione un settore cardine per ridurre le emissioni e contrastare il cambiamento climatico. Potenziare la governance e la trasparenza, tramite, ad esempio, la promozione del principio “chi inquina paga”, ma anche attraverso un migliore monitoraggio tramite strumenti digitali.
Solo negli ultimi giorni di gennaio 2024 è stato raggiunto un accordo politico tra i negoziatori del Parlamento e del Consiglio sugli orientamenti e le proposte originariamente contenute nel COM/2022/541.
L’importanza di partecipare: il caso delle assemblee dei cittadini in Francia
Tutti i miglioramenti, per quanto espressione di un desiderata del legislatore comunitario, devono trovare l’accordo dei cittadini, i quali non solo sono i soggetti dante causa il Servizio Idrico Integrato, ma in ultima analisi anche i finanziatori di tali interventi. I benefici ambientali e per la salute da un lato, e l’impatto sulle bollette del servizio idrico dall’altro, rappresentano ottimi motivi per avviare un dialogo costruttivo con i cittadini. È pertanto necessario che le istituzioni si rivolgano ai cittadini, favorendo percorsi di partecipazione nei quali, ad una costruzione delle conoscenze segua anche un confronto.
Per far sì che i cittadini abbiano occasione per informarsi, discutere e decidere sui temi connessi alla sostenibilità e all’ambiente è necessario un quadro legislativo che preveda tali percorsi, in un’ottica top-down.
Alcuni Paesi europei hanno negli anni saputo articolare un quadro normativo chiaro che ha consentito di promuovere esperienze partecipative importanti della cittadinanza, in particolare su temi complessi e conflittuali. Ci riferiamo ovviamente alla Francia, ma anche all’Irlanda, al Belgio, alla Gran Bretagna.
Ad un approccio top-down sono quindi andati progressivamente affiancandosi processi bottom-up. Se guardiamo all’esperienza d’Oltralpe, quello cui oggi assistiamo è un vero “movimento” di Assemblee o Convenzioni (come preferiscono chiamarle i francesi) dei cittadini, un processo rapidissimo di diffusione su scale molto diverse e sotto l’egida di soggetti diversi tra loro.
Un esempio fra tutti? Nel 2019, il presidente Macron chiese ai cittadini di “elaborare delle proposte di legge per ridurre le produzioni di emissioni climalteranti del 40% entro il 2030 in un clima di giustizia sociale”. Come è noto, nell’arco dei 9 mesi di lavoro, i 150 cittadini estratti a sorte facenti parti della Convention Citoyenne pour le Climat – CCC, con l’ausilio di esperti e facilitatori, hanno elaborato 149 proposte attorno a cinque gruppi tematici.

Fonte: elaborazione Laboratorio Ref Ricerche su dati Youtrend
Perché i cittadini possano esprimersi in maniera informata e consapevole, il processo si articola in 3 fasi: apprendimento, deliberazione, elaborazione della proposta. Il Comitato di Governance, fatto di esperti di deliberazioni e di esperti del tema, costruisce e mette a disposizione dei partecipanti una raccolta ragionata di documenti – articoli, libri, video, film, podcast, dati, interviste – che li aiutino a entrare nella materia e a mettere a fuoco tutte le implicazioni connesse.
Seguono poi incontri con esperti che mettono a disposizione il loro sapere sui diversi aspetti scientifici, economici, sociali; incontri con testimoni e soggetti direttamente coinvolti: i cittadini possono, cioè, sia ascoltare le voci di parte, di chi è direttamente coinvolto, sia acquisire le conoscenze di fondo necessarie per orientarsi liberamente. I cittadini possono avvalersi di fact-checker, a disposizione per rispondere alle domande dell’ultimo minuto, o di figure specifiche di cui sentono il bisogno.
Questa riflessione finale, frutto dell’intelligenza collettiva è quindi restituita alla fine del processo al promotore dell’Assemblea. Da qui, inizia un’altra fase del processo, più delicata e meno chiara dove il testimone passa al Parlamento e all’esecutivo, chiamati a indicare in che modo prenderanno in considerazione il parere espresso. Il reale innesto degli esiti di un’Assemblea dei Cittadini nella dinamica del confronto politico rimane, infatti, ancora una scelta delle istituzioni democratiche.
Fonte: Laboratorio Ref Ricerche













































































































































































































