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Gli impatti dei cambiamenti climatici causati dall’uomo nel Mediterraneo, un punto caldo del riscaldamento globale, stanno diventando sempre più evidenti

E’ quanto emerge dal rapporto speciale della rete di scienziati ed esperti di Mediterranean Experts on Climate and environmental Change (MedECC) e dell’Union of Mediterranean (UfM) presentato alla Cop29 di Baku, poco meno di tre settimane dopo che le devastanti inondazioni hanno colpito la regione spagnola di Valencia.

Gli esperti hanno presentato le ultime scoperte scientifiche della rete sulle pericolose implicazioni del cambiamento climatico e del degrado ambientale per le zone costiere del Mediterraneo e il nesso WEFE.

Gli scienziati Piero Lionello, dell’Università del Salento, e Mohamed Abdel Monem, consulente indipendente sui cambiamenti climatici e lo sviluppo rurale, insieme a Ines Duarte, Project Manager dell’UpM per l’energia e l’azione per il clima hanno evidenziato l’urgente necessità di misure di adattamento e mitigazione più efficienti nella regione.

Per Ines Duarte “Il Mar Mediterraneo è motivo di immenso orgoglio per i 22 paesi che si affacciano sulle sue coste, una parte inestricabile della loro identità e del loro patrimonio. Ma è tempo di accettare che il Mediterraneo come lo conosciamo potrebbe non esistere ancora a lungo se i nostri sforzi per contrastare il cambiamento climatico continueranno a fallire. Data la sua importanza, sostenere la transizione verde è sempre stata una delle maggiori priorità dell’Unione per il Mediterraneo”.

Cosa dice il Primo Rapporto di Valutazione del Mediterraneo (MAR1)

Basandosi sul Primo Rapporto di Valutazione del Mediterraneo (MAR1), il primo rapporto scientifico a livello regionale sul cambiamento climatico e il degrado ambientale, gli studi più recenti della rete lanciano ancora una volta l’allarme, attirando l’attenzione sui rischi attuali e previsti e presentando anche azioni per ridurre al minimo i loro effetti.

Un terzo della popolazione della regione mediterranea vive in prossimità del mare, che è tra le regioni del mondo con la più alta probabilità di inondazioni composte, ed è sempre più esposta ai rischi derivanti dal cambiamento climatico e dal degrado ambientale.

Se le tendenze attuali continuano, entro il 2100 fino a 20 milioni di persone potrebbero essere colpite da spostamenti permanenti a causa dell’innalzamento del livello del mare.

Le ondate di caldo marino, che sono aumentate in frequenza e durata rispettivamente del 40% e del 15% negli ultimi due decenni, insieme al degrado ambientale in una delle aree più fortemente inquinate dalla plastica del mondo, ha una serie di preoccupanti effetti ecologici e socioeconomici sul Mediterraneo.

La regione deve affrontare anche notevoli picchi di domanda idrica in estate, una tendenza che dovrebbe intensificarsi negli anni a venire a causa dei cambiamenti climatici, delle pratiche agricole e dell’aumento della popolazione e del turismo nelle zone costiere.

Leggi anche: Clima sempre più caldo: record negativi per il Mar Mediterraneo e il Monte Bianco

Economia blu sostenibile

Dal rapporto emerge la disponibilità di un mix di strumenti giuridici, politici ed economici per promuovere l’economia blu sostenibile e dissociare il consumo di energia dalla crescita economica.

Poiché gli effetti del cambiamento climatico amplificano le questioni socioeconomiche e ambientali esistenti, i percorsi d’azione di maggior successo coinvolgeranno soluzioni tecnologiche, sociali ed ecosistemiche che prendano in considerazione tutti e quattro gli elementi interconnessi del nesso WEFE.

Fonte: UfM
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