- 11/03/2024
- Simone Martino
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I Paesi dell’UE dovranno ripristinare, secondo la legge, almeno il 30% degli habitat in cattive condizioni entro il 2030, il 60% entro il 2040 e il 90% entro il 2050
I Paesi dell’Unione europea dovranno, in base alla legge approvata, garantire che le zone ripristinate non tornino a deteriorarsi in modo significativo e adottare piani nazionali di ripristino che indichino nel dettaglio in che modo intendono raggiungere gli obiettivi.
A fronte di significativi risultati positivi delle politiche e delle misure per la conservazione della natura, diverse valutazioni sullo stato delle specie e degli habitat nell’UE mostrano risultati allarmanti. Uno studio dell’Agenzia Europea dell’Ambiente pubblicato nel 2020 ha rivelato che solo il 15% degli habitat presenti nell’UE ha un buono stato di conservazione, mentre l’81% ha uno stato di conservazione inadeguato (45%) o cattivo (36%).
Inoltre, il 9% degli habitat che presentano uno stato di conservazione sfavorevole mostra trend di miglioramento, mentre il 36% mostra tendenze al deterioramento. Le foreste, tra i diversi tipi di habitat, mostrano le tendenze in maggior miglioramento. Viceversa, il maggior numero di tendenze al deterioramento riguarda i prati e i pascoli, gli habitat dunali, le torbiere, gli acquitrini e le paludi.
Oltre un quarto delle specie presenta un buono stato di conservazione, ovvero un aumento del 4% rispetto al periodo di riferimento precedente (2007-2012). I rettili e le piante vascolari presentano la percentuale più alta di buono stato di conservazione.
Mentre il 6% delle specie con uno stato di conservazione sfavorevole mostra una tendenza al miglioramento, il 35% mostra una tendenza al peggioramento.
Ogni Paese dovrà decidere, anche con il supporto della comunità scientifica, a quali habitat dare priorità negli interventi di ripristino, anche se il Regolamento specifica che fino al 2030 la priorità andrà accordata ai siti della rete Natura 2000, ossia alle aree protette secondo la Direttive Habitat e la Direttiva Uccelli, che rappresentano ormai un quinto del territorio nazionale e un quinto del territorio dell’Unione Europea.
Per migliorare la biodiversità negli habitat agricoli, i paesi dell’UE dovranno registrare progressi in almeno due di questi tre indicatori: Numerosità delle specie e delle popolazioni di farfalle comuni; percentuale di superficie agricola con elementi caratteristici del paesaggio con elevata diversità gli stock di sostanza organica e quindi di carbonio organico nei terreni coltivati.
Inoltre i Paesi dovranno anche adottare misure per migliorare l’indicatore sull’avifauna, dato che gli uccelli tipici delle aree agricole sono un ottimo indicatore dello stato di salute generale della biodiversità.
Dovranno ripristinare almeno il 30% delle torbiere drenate entro il 2030 (almeno un quarto dovrà essere riumidificato), il 40% entro il 2040 e il 50% entro il 2050 (con almeno un terzo riumidificato).
La legge prevede un blocco di emergenza che, in circostanze eccezionali, consentirà di sospendere obiettivi relativi agli ecosistemi agricoli, se tali obiettivi riducano la superficie coltivata al punto da compromettere la produzione alimentare e renderla inadeguata ai consumi dell’UE.
Impone di piantare 3 mld. di alberi, ripristinare almeno 25.000 km di fiumi, trasformandoli in fiumi a scorrimento libero, e garantire che non vi sia alcuna perdita netta né della superficie nazionale degli spazi verdi urbani, né di copertura arborea urbana.
Fonte: IspraAmbiente – Parlamento europeo



















































































































































































































