- 28/10/2025
- Redazione
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Il nuovo rapporto ONU sui piani climatici nazionali mostra progressi ma chiede di agire subito per evitare gli effetti peggiori del riscaldamento globale
A dieci anni dall’Accordo di Parigi, le Nazioni Unite lanciano un messaggio chiaro: la direzione è quella giusta, ma serve accelerare subito. Nel nuovo Rapporto di sintesi sui contributi determinati a livello nazionale (NDCs), il Segretario esecutivo dell’ONU per i cambiamenti climatici, Simon Stiell, riconosce i progressi fatti dai Paesi nella riduzione delle emissioni e nei piani di adattamento, ma avverte che “il ritmo non è ancora sufficiente per evitare i peggiori impatti della crisi climatica”.
Il documento arriva alla vigilia della COP30 di Belém, in Brasile, dove leader e capi di Stato si riuniranno per definire nuovi impegni concreti. Le oltre cinquanta pagine del rapporto, dense di dati e analisi, non sono solo un bilancio, ma anche un monito e un appello politico: la sfida climatica resta aperta e il tempo per vincerla si sta accorciando.
“Un mondo che cambia”: tra disastri climatici e nuove opportunità
“Siamo in una nuova era di azione e ambizione climatica”, ha dichiarato Stiell, ricordando come siccità, inondazioni, incendi e tempeste “stiano colpendo ogni nazione, distruggendo vite e infrastrutture essenziali”. Ma accanto ai danni, l’ONU vede anche una grande occasione economica: la transizione energetica, se gestita bene, può generare milioni di nuovi posti di lavoro e migliaia di miliardi di dollari in investimenti.
Secondo il rapporto, le energie rinnovabili hanno superato per la prima volta il carbone come principale fonte di energia globale. Un segnale incoraggiante che, sottolinea Stiell, “mostra quanto rapidamente le cose possano cambiare”. Tuttavia, la transizione deve essere più equa, assicurando che anche i Paesi più poveri — quelli che meno hanno contribuito alla crisi — possano beneficiare dell’energia pulita e della resilienza climatica.
NDC: obiettivi più solidi e piani più credibili
Il nuovo Rapporto di sintesi esamina i piani climatici presentati dai governi entro il 30 settembre 2025. I risultati mostrano un salto di qualità rispetto al passato:
l’89% dei Paesi include ora obiettivi che riguardano l’intera economia;
il 73% integra componenti di adattamento e resilienza;
quasi tutti i piccoli Stati insulari inseriscono nei loro piani la voce “Perdite e Danni”, cruciale per affrontare gli effetti già in corso del riscaldamento globale;
l’88% dei Paesi riconosce di aver aggiornato i propri obiettivi tenendo conto del Global Stocktake, la revisione periodica prevista dall’Accordo di Parigi.
Il quadro è incoraggiante, ma ancora parziale: i contributi analizzati rappresentano circa un terzo delle emissioni globali. Integrando i nuovi impegni annunciati prima della pubblicazione del rapporto, le Nazioni Unite stimano un calo delle emissioni globali del 10% entro il 2035. È la prima volta che la curva globale delle emissioni sembra piegarsi verso il basso, ma non abbastanza velocemente per restare sotto la soglia di 1,5 °C di aumento medio delle temperature.
La sfida della COP30: “Collegare il clima alla vita delle persone”
Per Stiell, la conferenza di Belém dovrà mandare un segnale inequivocabile: “Il mondo è ancora a bordo della cooperazione sul clima, ma deve muoversi più in fretta”. Tre, secondo l’ONU, le priorità per i prossimi mesi:
Dare un segnale politico forte di continuità e impegno collettivo;
Accelerare l’attuazione degli accordi in tutti i settori economici;
Collegare l’azione per il clima alla vita quotidiana delle persone, rendendo visibili i benefici della transizione: aria più pulita, bollette più basse, nuovi lavori verdi.
Il Segretario esecutivo ha concluso con una metafora sportiva: “Siamo ancora in gara, ma per garantire un pianeta vivibile agli otto miliardi di persone di oggi, dobbiamo accelerare il passo — alla COP30 e ogni anno a seguire”.
Un bivio cruciale per l’umanità
Il messaggio che arriva dall’ONU è duplice: c’è speranza, ma non tempo da perdere. Il mondo ha iniziato a invertire la rotta, ma la velocità resta insufficiente. Dietro le cifre e i grafici del rapporto si nasconde una verità semplice: ogni ritardo ha un costo, e ogni passo avanti può salvare vite, economie e intere regioni.
La COP30 di Belém sarà dunque un passaggio cruciale: un banco di prova per capire se la politica globale saprà finalmente trasformare i progressi in risultati tangibili, in un secolo in cui il clima non è più solo una questione ambientale — ma una questione di sopravvivenza.





















































































































































































































