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L’agroalimentare è al 1° posto per il valore aggiunto (67 miliardi) che genera nell’economia tra i settori industriali chiave del Paese

Nonostante ciò, il settore sconta ancora una frammentazione eccessiva e ricavi medi limitati (3 milioni di euro). Ciò posiziona il settore al 14° posto sui 27 Paesi UE per dimensione media delle imprese (5,3 milioni euro media UE) e al 15° per produttività.

E’ quanto emerge dall’analisi di The European House-Ambrosetti realizzata in occasione dell’8° edizione del Forum “La Roadmap del futuro per il Food&Beverage”.

Che cosa dice il report

Lo studio rileva come l’Italia sia ultima tra le 4 grandi economie europee per dimensione media raggiungendo solo un terzo dei ricavi medi delle imprese tedesche e la metà di quelle spagnole.

La classifica è dominata da Danimarca e Irlanda dove le aziende agroalimentari fanno registrare ricavi medi rispettivamente di quasi 22 e 17 milioni di euro, ma anche Paesi Bassi, Germania, Belgio, Lussemburgo, Austria, Spagna e Svezia si collocano oltre la media del continente. Ungheria, Polonia, e Finlandia sono davanti al nostro Paese, così come la Francia con una media di 4 milioni per azienda agroalimentare.

“L’elevata frammentazione dell’industria food & beverage italiana – commenta Valerio De Molli – Managing Partner & CEO, The European House – Ambrosetti – è un fattore critico che ne limita la competitività e la proiezione internazionale. Il campione di 500 aziende a cui abbiamo sottoposto una survey ad aprile 2024 sostiene che la limitata dimensione aziendale sia il principale ostacolo alla crescita dell’export agroalimentare italiano.”

“Inoltre, – continua De Molli – l’inflazione alimentare che a fine 2022 ha raggiunto l’11,8%, in un Paese come l’Italia che è colpito da perdite economiche pro-capite dovute ai cambiamenti climatici quasi il doppio superiori rispetto alla media europea, è un elemento che mette sotto pressione l’intera industria agroalimentare italiana, oggi primo settore manifatturiero del Paese per valore aggiunto generato con oltre 66 miliardi”.

Il potenziale inespresso

Nonostante la filiera agroalimentare valga quasi 67 miliardi di euro, il suo valore
aggiunto sul PIL è pari al 3,8% contro una media europea del 4,1%.

L’Italia si colloca così al 12° posto tra i paesi dell’Unione e anche in termini di produttività la stastistica non migliora: 15° posto con una media di 45mila euro per addetto, inferiore alla media UE-27 di 52mila.

La correlazione tra dimensione aziendale e produttività è positiva e crescente: se la filiera italiana volesse raggiungere la produttività media della top-10 dei Paesi più produttivi in UE (da 45mila Euro per addetto a 80mila Euro per addetto), dovrebbe più che triplicare la dimensione media delle imprese del settore (da 3,0 milioni di Euro medi per azienda a 10,1 milioni di Euro).

Leggi anche: Quantis presenta i risultati del report Recipe for Transformation

L’introduzione del Food Sustainable Transition Index

“Proprio dalla ricerca realizzata quest’anno per l’8° Forum Food&Beverage di Bormio – ha sottolineato Benedetta Brioschi, partner TEHA – abbiamo introdotto il «Food Sustainable Transition Index», uno strumento in grado di fornire una visione di insieme sul livello di sostenibilità e circolarità della filiera agroalimentare italiana nel confronto europeo, analizzando quattro pilastri che indagano lo stato dell’arte di questa transizione: sostenibilità economica, ambientale, sociale e dell’innovazione. Nel complesso, l’Italia si posiziona al 16° posto sui 27 Paesi UE nel Food Sustainable Transition Index 2024.”

“Dal posizionamento emerge un’elevata vulnerabilità della filiera agli impatti climatici (25° posizione nel pilastro della sostenibilità ambientale), che necessiterà di misure ingenti di adattamento e mitigazione a livello Paese; la buona notizia è che il Paese può contare su un ottimo posizionamento nel pilastro dell’innovazione (7° posizione), su cui fare leva per rafforzare il livello di sostenibilità dell’intera filiera”, conclude Brioschi.

Investire di più sull’innovazione e sulla sostenibilità della filiera

Gli investimenti pubblici in Italia destinati alla ricerca e sviluppo del settore agricolo arrivano a 5,2 euro pro-capite, il 17° posto nell’Unione, dove mediamente vengono investiti 7,6 euro per persona.

Tra le prime quattro economie UE – Germania, Francia e Spagna – l’Italia si colloca in ultima posizione. Nonostante lo “stallo” degli investimenti, come evidenziato dall’analisi TEHA, il Paese è tra i primi 5 in UE per valore generato dal mercato della robotica agricola, con ricavi pari a 1.600 Euro per ogni milione generato dall’agricoltura, il doppio del valore europeo.

L’Italia, inoltre, è quinta per richieste di brevetti nel settore alimentare: 69 contro una media europea di 39.

Serve per questo, l’approccio olistico di tutte le componenti della filiera che devono lavorare sulla sostenibilità di essa adoperando le tecnologie innovative che nel comparto si stanno sviluppando.

Inoltre il comportamento virtuoso dei consumatori, sempre più attenti, resta di fondamentale importanza per aiutare la mitigazione dei cambiamenti climatici.

Fonte: The European House- Ambrosetti
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