
- 24/09/2025
- Redazione
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A un anno dalla scadenza, solo il 2% dei progetti del settore idrico è completato. Il Piano offre un’occasione irripetibile per colmare i divari strutturali, ma serve un’accelerazione decisa, soprattutto al Sud.
E’ quanto emerge dal nuovo Position Paper “PNRR e servizio idrico: concluso o al collaudo il 53% degli interventi” di Laboratorio REF Ricerche, curato da Andrea Ballabio, Donato Berardi, Francesca Casarico, Lorenzo Di Matteo, Valentina Ferraris, Cosimo Zecchi.
L’Italia a secco di infrastrutture, non di fondi
Con oltre 8 miliardi di euro tra risorse PNRR e cofinanziamenti, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresenta una chance storica per trasformare il sistema idrico nazionale. Ma a dodici mesi dalla scadenza, i numeri parlano chiaro: solo il 2% dei progetti è concluso, mentre oltre la metà è ancora in fase di collaudo.
Le riforme corrono, le opere arrancano
Sul fronte normativo, il PNRR ha segnato progressi importanti. Le due riforme chiave – affidate al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e al Ministero dell’Ambiente – puntano a rafforzare la governance del settore, semplificare la pianificazione e ridurre la frammentazione gestionale, soprattutto in Campania, Calabria, Molise e Sicilia.
Ma la macchina degli investimenti procede lentamente. I 568 progetti idrici previsti avanzano a velocità diverse. Le gare sono partite (98%), ma i pagamenti effettivi restano bassi: solo il 30% delle risorse è stato effettivamente speso, con profonde differenze tra territori e soggetti attuatori.
Chi corre e chi resta indietro
A trainare l’attuazione sono gestori industriali e consorzi di bonifica, più strutturati e veloci nell’esecuzione. Al contrario, Regioni ed Enti locali mostrano performance deboli: solo il 5% delle risorse in capo alle Regioni risulta speso, contro il 44% dei consorzi. Dal punto di vista geografico, Nord e Centro superano il 40% di spesa, mentre il Mezzogiorno si ferma al 23,5%, con picchi negativi in Campania (solo il 9,2% dei pagamenti).
Le sfide strutturali: perdite record e infrazioni UE
Il quadro infrastrutturale resta fragile: le perdite di rete superano il 40%, con punte vicine al 50% al Sud. Le interruzioni del servizio idrico raggiungono 226 ore l’anno per utente nel Mezzogiorno, contro meno di una al Nord. Anche sul fronte della depurazione, l’Italia è ancora lontana dagli standard UE: 855 agglomerati risultano in infrazione, seppur in calo rispetto al 2023.
Tempi lunghi e burocrazia pesante
Completare un’opera idrica richiede in media 4 anni e mezzo. Le sole fasi preliminari (progettazione e autorizzazioni) occupano oltre un anno, spesso segnate da ritardi medi di 50 giorni. Senza una semplificazione incisiva, il rischio è che molte opere non vedano la luce in tempo utile.
Una corsa contro il tempo
Con oltre il 51% dei progetti in collaudo e un altro 37% ancora in esecuzione, l’Italia è chiamata a uno sforzo straordinario. Il rischio è duplice: perdere i fondi europei e mancare l’obiettivo di superare i divari storici che affliggono il servizio idrico, soprattutto nel Sud.
Un’opportunità da non sprecare
Il PNRR ha messo a disposizione risorse senza precedenti e ha avviato un processo di riforma serio. Ma senza un’accelerazione netta sull’attuazione dei progetti, l’Italia rischia di arrivare all’appuntamento finale in affanno. Serve puntare su chi ha dimostrato maggiore capacità di spesa – gestori industriali e consorzi – e sostenere il consolidamento del settore, riducendo frammentazione e disuguaglianze territoriali.
In gioco non c’è solo la realizzazione di opere, ma la qualità della vita di milioni di cittadini, la sicurezza idrica del Paese e la credibilità dell’Italia in Europa.