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Restoration Economy: Un’economia “nature-positive” per affrontare la crisi ambientale e rilanciare lo sviluppo sostenibile in Italia e in Europa

La crisi climatica ed ecologica sta mettendo a rischio la stabilità dei sistemi naturali da cui dipendono le economie moderne. Per affrontare questa sfida, prende sempre più forma un nuovo modello economico: l’economia “nature-positive”, che punta al ripristino e alla valorizzazione del capitale naturale come leva di sviluppo, innovazione e resilienza.

È questo il tema centrale del convegno “Restoration Economy: le imprese protagoniste della riqualificazione dei territori”, svolto a Roma presso la Fondazione Civita, promosso dal Nature Positive Network, una rete di imprese e istituzioni attive nella tutela dell’ambiente, sostenuta dall’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po e dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile.

Investire nella natura conviene

Secondo il rapporto “Verso un’economia Nature Positive” ogni euro investito nel ripristino degli ecosistemi può generare un ritorno economico tra i 4 e i 38 euro. Al contrario, non intervenire contro il degrado ambientale comporta costi elevatissimi: 2,2 miliardi di euro all’anno solo per l’Italia, con un impatto cumulato che potrebbe raggiungere 60 miliardi di euro entro il 2050.

Una visione confermata da Edo Ronchi, presidente della Fondazione Sviluppo Sostenibile: “La transizione verso un modello nature-positive è impegnativa ma economicamente vantaggiosa. Se non agiamo ora, rischiamo di compromettere la sicurezza economica e il benessere sociale.”

Per l’intera Unione Europea, il mancato intervento potrebbe tradursi in perdite fino a 1.700 miliardi di euro, mentre il costo stimato per gli interventi di restauro ecologico si aggira attorno ai 261 milioni di euro, con benefici economici e ambientali superiori ai costi.

Un capitale naturale in crisi

La situazione in Italia è particolarmente critica. Dei 132 habitat d’interesse comunitario presenti sul territorio nazionale, solo il 9,9% è in uno stato di conservazione favorevole. Inoltre: 58 ecosistemi su 85 risultano in condizioni sfavorevoli; quasi la metà degli ecosistemi naturali italiani (46,3%) è a rischio; il consumo di suolo continua ad aumentare, raggiungendo il 7,16% del territorio, con picchi preoccupanti lungo la via Emilia e l’asse Milano-Venezia e solo il 47% dei corpi idrici superficiali ha raggiunto uno stato ecologico “buono” o “elevato”.

Gli ecosistemi in salute sono fondamentali per il sequestro del carbonio, la regolazione delle acque, la stabilizzazione del suolo e la mitigazione degli effetti del cambiamento climatico. Il degrado di queste funzioni comporta rischi diretti per la sicurezza alimentare, la salute e l’economia.

Il coinvolgimento delle imprese

L’economia globale è strettamente legata alla natura: si stima che circa la metà del PIL mondiale dipenda dai servizi ecosistemici. Di conseguenza, il degrado ambientale rappresenta un rischio crescente per le imprese.

Adottare strategie “nature-positive” può offrire numerosi vantaggi alle aziende: migliore accesso al credito: il 75% dei prestiti bancari nell’area euro è legato a imprese che dipendono da almeno un servizio ecosistemico; nuove opportunità di mercato e business; aumento della resilienza e della competitività; contributo agli obiettivi climatici e riduzione dei costi legati a danni ambientali, grazie a una logica preventiva.

Secondo Giuseppe Dodaro, coordinatore del Nature Positive Network, “è fondamentale passare da progetti isolati a interventi sistemici, basati su criteri scientifici e integrati nei piani nazionali e locali. Solo così si potranno ottenere risultati ecologici significativi e misurabili”.

Una governance condivisa per la gestione delle risorse

Il tema della governance è centrale per affrontare la crisi ambientale. Andrea Colombo, Segretario Generale facente funzione dell’Autorità di Bacino Distrettuale del Fiume Po, sottolinea l’importanza di un modello collaborativo pubblico-privato per la gestione delle acque e del territorio. Una governance integrata, che tenga conto delle dimensioni ambientali, economiche e sociali, è vista come condizione necessaria per uno sviluppo territoriale sostenibile.

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Risorse e strumenti per il cambiamento

L’Unione Europea, nel quadro del bilancio 2021-2027, ha stanziato 115 miliardi di euro per la biodiversità, ai quali si aggiungono fondi nazionali, regionali e privati. Il coinvolgimento del settore produttivo e delle comunità locali è considerato essenziale per il successo delle strategie di ripristino ecologico.

L’economia “nature-positive” non rappresenta solo una risposta alla crisi climatica ed ecologica, ma anche un’opportunità strategica per rilanciare lo sviluppo economico in chiave sostenibile. Le imprese hanno un ruolo chiave da giocare nella restaurazione degli ecosistemi e nella costruzione di un modello produttivo capace di creare valore economico e benessere sociale, in equilibrio con i limiti naturali del pianeta.

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