
- 23/08/2025
- Redazione
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Povertà alimentare in Italia 2023: oltre 5,9 milioni di persone in difficoltà, cresce il numero di famiglie che non possono permettersi un’alimentazione sana e regolare
Il cibo, un bene essenziale e un diritto umano fondamentale, è diventato un lusso per milioni di italiani. Secondo il rapporto “Fragili equilibri” pubblicato da ActionAid, oltre 5,9 milioni di persone in Italia hanno vissuto nel 2023 una condizione di povertà alimentare, con un aumento di 680mila unità rispetto all’anno precedente.
Una fotografia impietosa di un Paese spaccato e in crescente difficoltà, dove anche chi ha un reddito medio non riesce più a garantirsi un’alimentazione adeguata.
Gli “invisibili” della povertà
A preoccupare è la crescita degli “invisibili”: uomini e donne che non rientrano nei criteri ufficiali di povertà, ma che non riescono comunque ad accedere a una dieta sana, completa e regolare.
Il rapporto evidenzia come non sia solo la quantità di cibo a mancare, ma anche la qualità, la varietà e il valore sociale del pasto – come il semplice gesto di condividere una cena con amici o familiari.
ActionAid si è avvalsa di strumenti come la scala FIES (Food Insecurity Experience Scale) e l’indice DAMS (Deprivazione Alimentare Materiale e Sociale), per misurare l’estensione del fenomeno e individuare le nuove forme di insicurezza alimentare.
Un’Italia divisa (e affamata)
Il quadro che emerge dal rapporto è quello di un’Italia in cui il pasto caldo ogni due giorni non è garantito per milioni di persone, e in cui l’incontro conviviale intorno a una tavola è diventato un privilegio per pochi.
La povertà alimentare è un’emergenza che colpisce tutto il Paese, ma lo fa con intensità differenti. Il Sud è la zona più colpita: in Calabria il 31,7% della popolazione è in deprivazione alimentare; in Puglia il 21,3%; in Campania il 18,4% e in Sicilia sono 540mila le persone coinvolte.
Anche il Nord e il Centro però non sono immuni: in Lombardia, oltre 714mila persone vivono questa condizione; nel Lazio, sono 745mila e in Veneto, più di 396mila.
Il 2023 ha segnato un peggioramento in tutte le macroaree italiane, invertendo la tendenza degli anni precedenti.
Chi paga il prezzo più alto?
A essere colpite con più forza sono le persone tra i 35 e i 44 anni, spesso genitori, lavoratori precari o con redditi instabili. Tra i fattori di rischio più significativi troviamo: lavoro instabile o mal retribuito; affitti alti e condizioni abitative precarie; famiglie numerose, monogenitoriali o unipersonali; cittadini con background migratorio, in particolare donne migranti nel Mezzogiorno.
L’Istat segnala che oltre il 15,6% delle famiglie italiane, pari a più di 4 milioni di nuclei, ha speso per il cibo meno della media nazionale, spesso perché costretta a farlo. La situazione è grave anche in regioni insospettabili come il Trentino-Alto Adige (21%) e la Lombardia (17,7%).
“Non è solo una questione di reddito”
L’insicurezza alimentare, sottolinea ActionAid, non può essere risolta solo con l’assistenza emergenziale. Il Programma Nazionale Inclusione 2021–2027, ad esempio, prevede la distribuzione gratuita di beni di prima necessità, ma non affronta le cause strutturali della povertà alimentare.
Serve una strategia nazionale integrata e sistemica, non solo interventi a pioggia e strumenti di monitoraggio più efficaci. Il riconoscimento della mensa scolastica come servizio pubblico essenziale, un ruolo più attivo degli enti locali, in collaborazione con il terzo settore ed il coinvolgimento diretto delle comunità e delle persone colpite nella definizione delle soluzioni.
Verso un nuovo modello di governance
Per uscire da questa emergenza silenziosa, le politiche pubbliche devono integrarsi con i contesti locali, attraverso una governance partecipata e trasparente. L’agenzia delle persone – ovvero la loro capacità di incidere sulle scelte che le riguardano – va riconosciuta e valorizzata.
In un Paese dove sempre più persone scelgono tra pagare l’affitto o fare la spesa, servono risposte concrete, strutturate e rispettose della dignità umana. Il tempo dell’attesa è finito: il diritto al cibo deve tornare ad essere universale, accessibile, e garantito a tutte e tutti.