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Mobilità elettrica: l’industria automobilistica sta facendo passi avanti irreversibili. Ne abbiamo parlato con Claudio Piazza, AD di On Charge

“Negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescente consapevolezza a livello europeo e globale riguardo all’importanza della mobilità elettrica per la riduzione delle emissioni di CO2”. A dirlo è l’AD di On Charge, Claudio Piazza.

Secondo l’Agenzia Europea dell’Ambiente il settore dei trasporti è responsabile di circa un quarto delle emissioni totali di CO2 in Europa, il 71% delle quali viene prodotto dal trasporto stradale. La soluzione principale per trasformare il settore dei trasporti e ridurre le emissioni di gas serra che esso produce è il passaggio alla mobilità sostenibile. A che punto siamo?

Il passaggio alla mobilità sostenibile è senza dubbio in corso, ma c’è ancora molta strada da fare. Negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescente consapevolezza a livello europeo e globale riguardo all’importanza della mobilità elettrica per la riduzione delle emissioni di CO2. I progressi tecnologici stanno rendendo i veicoli elettrici più accessibili e performanti, mentre le infrastrutture di ricarica stanno migliorando rapidamente. Tuttavia, ci sono sfide importanti legate alla produzione sostenibile delle batterie e alla capacità delle reti di distribuzione di energia, che devono essere affrontate in parallelo.

Sul tema veicoli elettrici sottolineo un recente studio pubblicato dalla nostra associazione. Per capire il reale impatto climalterante di un veicolo, è necessario considerare l’intero ciclo di vita attraverso il cosiddetto Life Cycle Assessment (LCA), che tiene conto della somma delle emissioni legate a produzione, utilizzo e smaltimento (o riciclo, nel caso delle batterie). 

Produrre un’auto elettrica (BEV) comporta oggi maggiori emissioni di CO₂ rispetto a un’analoga vettura endotermica (ICE). Tuttavia, calcolando le emissioni di gas serra “cradle to grave”, come dicono gli anglosassoni, si osserva che un’auto elettrica è decisamente meno impattante di un analogo veicolo con motore a combustione. E questo è sempre valido, già oggi, indipendentemente dal mix energetico del luogo in cui il veicolo è prodotto e utilizzato. Il che vuol dire che in prospettiva, al naturale crescere delle rinnovabili in tutto il mondo, il divario a favore dell’elettrico potrà solo aumentare.

In quest’ultimo periodo abbiamo assistito ad un dibattito politico-istituzionale abbastanza importante sul tema delle auto elettriche, mi riferisco non solo al discorso dei dazi nei confronti delle importazioni delle auto elettriche provenienti dalla Cina ma anche alle difficoltà di alcune case automobilistiche a produrre solo auto elettriche al 2030. Tutto ciò può alimentare i dubbi, già presenti, nei cittadini al fine dell’acquisto di auto elettriche e quindi quanto può compromettere il passaggio alla mobilità elettrica?

Il dibattito politico e istituzionale è sicuramente importante, poiché ha un impatto diretto sulla percezione pubblica della mobilità elettrica. I dazi sulle importazioni e le decisioni di alcune case automobilistiche possono generare incertezze, ma credo che sia fondamentale guardare il quadro più ampio. Ho evidenza di alcune multinazionali che già dal 2025 vireranno completamente sull’elettrico. Le auto elettriche stanno registrando numeri di vendita un pò stagnanti in questo 2024, senza l’esplosione che alcuni si attendevano ma, cito il think tank Transport & Environment, per il 2025 la situazione dovrebbe nettamente migliorare. 

Le tecnologie elettriche stanno continuando a evolversi e i benefici ambientali ed economici a lungo termine sono chiari. È vero che il contesto globale di breve periodo può creare qualche dubbio nei consumatori, ma credo fermamente che l’industria nel suo complesso stia facendo passi avanti irreversibili verso la transizione elettrica. Dobbiamo anche considerare che, con il tempo, la competizione tra i produttori e l’evoluzione delle politiche pubbliche contribuiranno a rendere sempre più sicuro e conveniente l’acquisto di veicoli elettrici, anche a fronte di eventuali oscillazioni di mercato.

Leggi anche: T&E: vendere auto elettriche per raggiungere gli obiettivi climatici dell’Ue

Secondo gli ultimi dati indicati da Motus-e i punti di ricarica a uso pubblico installati nella Penisola a giugno 2024 erano 56.992, mentre le stazioni di ricarica circa 30.000. Si sente di affermare che non c’è più ragione di avere la cosiddetta “range anxiety”, ossia l’ansia provocata dal rimanere a secco, senza una tacca sull’indicatore della batteria? O la copertura attuale delle infrastrutture sul territorio italiano giustifica ancora tale preoccupazione degli automobilisti?

I numeri di punti di ricarica sono certamente in crescita, e questo sta aiutando a ridurre la “range anxiety”. Al momento il 99% del territorio italiano è coperto con un punto di ricarica in un raggio di venti chilometri e l’86% in un raggio di soli 10 Km. Nelle zone urbanizzate sono presenti oltre 500 punti di ricarica nello stesso perimetro mentre si superano i 2000 punti di ricarica nelle città metropolitane. In autostrada a tutto giugno erano presenti 963 punti di ricarica e, in considerazione del nuovo regolamento AFIR sono previste infrastrutture ad alta potenza, sulle tratte, ogni 60 km, entro il 2025. 

On Charge ha svolto un ruolo a mio avviso importante per il raggiungimento di questi risultati. Siamo il primo operatore privato su Roma e tra i leader in Italia. Ci siamo impegnati sia nelle grandi città ma anche in territori diversi, offrendo infrastrutture di ricarica anche in territori meno serviti, come dimostrano i nostri progetti nei piccoli comuni e borghi italiani, funzionali ad un disegno che vede la ripopolazione di questi luoghi per effetto dello smart-working ma anche per offrire un servizio al turismo straniero su gomma, sempre più elettrico. La nostra interoperabilità è importante e ci permette di essere presenti sulle più importanti piattaforme europee. Con una pianificazione adeguata e un’espansione mirata delle infrastrutture, l’ansia da autonomia diventerà presto un ricordo del passato.

On Charge sviluppa sia infrastrutture di ricarica che piattaforme di mobilità sostenibile per la pubblica amministrazione e per i privati. Inoltre offrite anche una vasta gamma di veicoli elettrici come e-bike, e-scooter ed anche e-car. Siete partiti da Roma dove vi siete aggiudicati vari lotti di installazioni che oggi si estendono in tutta Italia con oltre 1.100 punti di ricarica installati e circa 2100 punti contrattualizzati. Quali sono le ulteriori sfide per On Charge?

La nostra sfida principale è continuare a crescere in maniera sostenibile, espandendo le nostre infrastrutture e migliorando costantemente i servizi per i nostri utenti. Aggiungerei che sono circa 4.300 i punti di ricarica in trattativa, un numero che sottolinea la cifra del nostro impegno. Dal punto di vista dell’infrastruttura, abbiamo poi sviluppato in maniera importante l’interoperabilità che ci ha permesso di essere presenti sulle più importanti piattaforme italiane ed europee, altro ambito che ci vede costantemente impegnati. Le nostre sfide in questo settore non sono esclusivamente italiane: stiamo guardando con grande interesse al mercato europeo e non escludo importanti novità a breve. 

Quello che poi ci contraddistingue dagli altri attori, e che rappresenta un altro degli obiettivi principali è aumentare la diffusione delle soluzioni di micro-mobilità nelle città e nei piccoli centri, così come quello di incrementare la connettività delle nostre infrastrutture con le piattaforme digitali per offrire una mobilità sempre più integrata e intelligente. La nostra offerta copre il comparto della “e-mobilty” a trecentosessanta gradi, oltre alle attività da lei citate, aggiungo anche le wall-box per la carica residenziale ed i bus elettrici, utilizzati dai privati e dalla pubblica amministrazione. Abbiamo anche, in quest’ottica di “servizio complessivo”, inaugurato una divisione che offre servizi per la progettazione e la messa in opera di impianti fotovoltaici, i primi riscontri sono più che positivi. Ci poniamo, infine, come il braccio operativo delle comunità energetiche che prevedono una quota di ripartizione dei benefici ad un fondo per le attività sociali, dove ovviamente i disegni di “e-mobility” sono ricompresi.

Voi avete siglato anche un accordo con i Borghi più belli d’Italia per portare nei comuni sparsi in ogni regione la sharing mobility. Le soluzioni elettriche di micro-mobilità e le soluzioni di mobilità condivisa possono incidere in maniera positiva oltre che sull’ambiente anche sulla qualità del trasporto e sulla quotidianità dei cittadini, soprattutto nei piccoli centri urbani. Le chiedo quanto e se le amministrazioni e i cittadini credono in tali soluzioni?

Abbiamo riscontrato un grande interesse sia da parte delle amministrazioni locali che dai cittadini. In molti piccoli centri urbani, la sharing mobility rappresenta una soluzione concreta a problemi di mobilità e accesso ai servizi, soprattutto in aree dove il trasporto pubblico tradizionale è meno efficiente. I cittadini apprezzano la possibilità di avere a disposizione mezzi elettrici come e-bike e e-scooter per gli spostamenti quotidiani, riducendo il traffico e migliorando la qualità dell’aria. Tuttavia, è fondamentale che ci sia una collaborazione stretta con le amministrazioni locali per garantire che le infrastrutture siano adeguatamente distribuite e mantenute, e che ci siano campagne di sensibilizzazione per educare la popolazione sui benefici delle soluzioni di mobilità condivisa. La chiave del successo sta nel creare un ecosistema di mobilità che risponda alle esigenze locali, e i risultati finora sono stati incoraggianti.

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