- 29/07/2025
- Redazione
- 0
L’accordo raggiunto sui dazi, tra USA e Unione europea, ha rappresentato per molti una vittoria per Trump e un risultato deludente per l’UE
Nelle ore immediatamente successive all’accordo, i settori produttivi, in Italia e nel resto della Ue, hanno iniziato ad analizzare l’impatto reale che l’accordo raggiunto avrà sulle loro attività.
Infatti, risultano diversi i punti ancora non chiari o definiti dell’accordo. Tra questi, primo fra tutti, se il dazio del 15% si aggiunge a quelli già esistenti su uno specifico settore. E ancora non sono chiare le tempistiche di alcune misure, così altri dettagli di questi investimenti.
Ecco perché le associazioni di categoria non hanno nascosto le preoccupazioni sui rincari. L’allarme tra gli imprenditori è alto e la Presidente del Consiglio Meloni ha annunciato possibili interventi per i settori più colpiti.
La nota dell’Unione europea
Dopo l’accordo sui dazi raggiunto da Trump e von der Leyen, l’Unione europea ha pubblicato una nota informativa sul patto siglato domenica in Scozia.
Nel testo vengono confermati i punti e le percentuali emersi date da Bruxelles nella mattinata. Permangono, invece, differenze rispetto alla scheda informativa diffusa dalla Casa Bianca.
Tra i punti non concordanti tra i due testi i dazi su chip e farmaci, che secondo l’esecutivo comunitario al momento non sono tassati. Nella nota Ue inoltre non compare alcun impegno di Bruxelles sulla digital tax.
E c’è una postilla, non poco rilevante: “L’intesa politica del 27 luglio 2025 – viene sottolineato dall’Ue – non è giuridicamente vincolante. L’accordo risponde agli interessi economici fondamentali dell’Ue, ossia relazioni stabili e prevedibili con gli Usa. Oltre a intraprendere le azioni immediate impegnate, l’Ue e gli Usa negozieranno ulteriormente, in linea con le rispettive procedure interne, per attuare pienamente l’accordo politico”.

L’export dei prodotti italiani del food a rischio rallentamento
Il futuro di molti prodotti italiani dipenderà ora dalla definizione dettagliata dei regimi speciali. Senza esenzioni chiare e rapide, il rischio è quello di un rallentamento dell’export e di un effetto domino su occupazione e investimenti.
Per il Presidente della Coldiretti, Ettore Prandini “L’accordo con tariffe al 15% è sicuramente migliorativo rispetto all’ipotesi iniziale del 30% che avrebbe causato danni fino a 2,3 miliardi di euro per i consumatori americani e per il Made in Italy agroalimentare. Tuttavia, il nuovo assetto tariffario avrà impatti differenziati tra i settori e deve essere accompagnato da compensazioni europee per le filiere penalizzate anche considerando la svalutazione del dollaro. Dobbiamo aspettare di capire bene i termini dell’accordo e soprattutto di leggere la lista dei prodotti agroalimentari a dazio zero sui quali ci auguriamo che la Commissione UE lavori per far rientrare, ad esempio, il vino che altrimenti sarebbe pesantemente penalizzato”.
L’associazione ribadisce la contrarietà ad ammettere in Italia prodotti agroalimentari che non rispettino gli stessi standard sanitari, ambientali e sociali imposti alle imprese europee. “È fondamentale che l’Unione Europea continui a difendere con fermezza il sistema delle indicazioni geografiche, che rappresentano una garanzia di qualità e origine, e un presidio culturale ed economico del nostro cibo”.
Preoccupazioni anche per il settore tessile
In questo clima di incertezza, preoccupazioni anche per il settore del tessile che teme contraccolpi soprattutto sull’export indiretto con le importazioni dalla Cina che cresceranno.
Riguardo all’accordo raggiunto, il settore ipotizzati tre scenari di aggravio tariffario: +15% in aggiunta ai dazi già esistenti; +15% al posto degli attuali dazi preesistenti; oppure dazi al 15%, ma solo per tutti gli articoli che prima non raggiungevano quella soglia, per tutti gli altri resteranno in vigore le vecchie e più care barriere.
Leggi anche: L’energia green al centro dei dazi di Trump
Acquisti di energia per 750 miliardi di dollari nei prossimi tre anni
L’accordo comprende anche acquisti di energia per 750 miliardi di dollari nei prossimi tre anni tra petrolio, gas e nucleare.
Gli Usa sono già il primo fornitore della Ue per il greggio (15% nell’ultimo trimestre 2024) e il gas naturale liquefatto con il 50,7% nel primo trimestre 2025 davanti a Russia (17%) e Qatar (10,8%).
Sul gas naturale liquefatto, BloombergNeft, specializzata in analisi in campo energetico, ha stimato un aumento della produzione statunitense del 60% nei primi sei mesi dell’anno sulla scia della spinta del presidente alle fonti fossili.
L’ombra del presidente americano appare, dunque, campeggiare anche sopra le politiche ambientali comunitarie. Ancora una volta, il fortino della Ue a protezione dei consumatori e per incentivare le rinnovabili rischia di sgretolarsi di fronte alla real politik di un mondo in cui l’Europa conta sempre meno.























































































































